Avviare l'emulatore android su linux senza eclipse

Metti che ti viene l'improvviso bisogno di far partire un emulatore android e hai meno di 10 minuti e non hai voglia di installare eclipse. ecco come fare: p.s. tutti i comandi che scriverò sono da inserire all'interno del terminale a cui si accede andando (per chi ha ubuntu / gnome) in Applications -> Accessories -> Terminal
Scarichiamo android sdk:
wget http://dl.google.com/android/android-sdk_r07-linux_x86.tgz
Scompattiamolo:
tar xzf android-sdk_r07-linux_x86.tgz 
poi facciamo
cd android-sdk-linux_86/tools/
chmod +x android
./android

comparirà una finstra chiamata android SDK and AVD manager
Scarichiamo l'sdk per la versione di android che ci interessa su Available Packages scegliendo ad esempio SDK Platform Android 2.1
Ora andiamo in Virtual Devices, qui creiamo un nuovo avd schiacciando new.
Nella finestre Create new android virtual device assegnamo un nome nel campo name e un target, ad esempio android 2.1.
Ora avviamo la device selezionandola e schiacciando il tasto Start

Rick e Jimmy

C'erano una volta rick e jimmy. I due erano amanti. rick era un rocker, amava la sua moto più di ogni altra cosa. questa era enorme, cromata. Quando la accendeva, il suo rombo copriva ogni altra cosa. Jimmy invece era molto dolce, indubbiamente sensibile, sapeva parlare con i fiori e spesso rimaneva male a causa delle loro risposte.Jimmy amava Rick, che però era troppo preso dalla sua moto. "Ti amerò per sempre", diceva spesso Jimmy, ma Rick era diffidente. Aveva avuto molte donne, era un duro, ma l'ultima gli aveva spezzato il cuore. Non gli interessava più di tanto trovare qualuno, diceva. Quando si sentiva solo (anche se non lo avrebbe mai ammesso con nessuno), inforcava la sua moto e partiva. "Cosa ti aspetti di trovare, alla fine della tua strada?" gli chiedeva spesso Jimmy. "Dell'altra strada" rispondeva lui. Entrambi sapevano di essere molto diversi, ma c'era una sorta di ammirazione reciproca.Rick era orgoglioso, Jimmy gentile, Rick voleva imparare, Jimmy voleva insegnare. Erano fatti, per stare insieme.

Villa Verba - pt2

Mi metto a sedere non senza una certa difficoltà, intorno a mè i resti dell'incidente: sangue e lamiera. Di nuovo nero. Stavolta mi risveglio in un ospedale, sento sotto di me un morbido materasso ed intorno una piacevole sensazione di pulito.
Infermieri e medici svolgno il loro lavoro con tranquillità, nessuna emergenza in vista a quanto pare. Si avvicina un medico alto e calvo, la faccia è un pò tona ma nel complesso è magro. Ha un fare molto calmo; inizia a parlarmi: "lei è svenuto due volte, se lo ricorda?" "si". Si susseguono altre domande di routine, rispondo a tutto. "Dottore..." "Si?" "la faccia del guidatore... e' come... cambiata, prima dell'impatto" dico esitante. "Quel poveraccio è nella stanza accanto, è intontito e farnetica cose senza senso, ma ora è tranquillo. Pensiamo ad un raptus di follia". "Il ragazzo, invece?". A questa domanda il medico abbassa lo sguardo, quasi rivedendo la scena che lo ha atteso sul luogo dell'incidente, una scena che deve essere stata orribile.
"Per lui abbiamo potuto fare ben poco, era già morto quando siamo arrivatisul posto." "E lei come stà?" mi domanda improvvisamente, quasi come per cambiare argomento. "Bene, un pò intontito ma bene", "Probabilmente si è semplicemente impressionato vedendo la scena, era piuttosto cruenta. Ora cerchi di riposare, io tornerò a controllarla dopo", mi dice accomiatandosi.
Mi riaddormento e sogno villa Verba, la vedo ma non ci sono. C'è un temporale e la villa ha un aspetto sinistro. Ora sono lì, davanti alla porta: d'improvviso sento su di mè il freddo e la pioggia. Sento anche una forte inquietudine, mi sembra di saper qualcosa che non dovrei sapere, qualcosa di talmente soverchiante che mi fà sembrare inutile la mia vita e le mie scelte. Se loro sapessero io non potrei evitare la fine della mia esistenza. loro chi?, mi domando. Pongo interrogativi ai miei stessi pensieri. cosa mi appartiene e cosa no, tra quello che c'è dentro la mia testa?
Mi rannicchio sotto un albero, cercando riparo dal mal tempo. Ad un tratto le vedo, le lettere. La villa, le sue pareti, sono ricopetre di lettere. Anzi meglio, sono fatte di lettere.
Per la sorpresa, mi sveglio.